L’antico abitato di Gesualdo si sviluppa intorno al castello medievale nella caratteristica forma circolare a cerchi concentrici.
Tra anguste stradine, vicoli e passaggi, il borgo antico richiama alla vista suggestioni e ed appassionanti scenari.
Caratteristici appaiono i porticati di ingresso all’antico abitato ed i vari passaggi che danno accesso a sentieri costellati di terrazze che si aprono sulla sottostante ampia valle del Fredane.
Dal tessuto urbanistico attualmente esistente, si può dedurre la stratificazione sociale della popolazione che per secoli ha circondato la vita del castello: forza lavoro, società opulenta e clero:
- A Ovest del Castello, piccole case, composte da pochi vani, con finestre e porte anguste e tetti spioventi poco sporgenti, si addossano tutte l'una all'altra secondo i canoni essenziali dell'architettura feudale.
- A Sud, è possibile notare un susseguirsi di palazzi signorili edificati per la maggior parte nel XVII secolo, all'epoca delle Signorie di Carlo Gesualdo e Niccolò I Ludovisi, presumibilmente su strutture preesistenti risalenti al Medioevo. Pienamente restaurati dopo il sisma del 1980. Mirabili per originalità e bellezza i Palazzi Pisapia e Mattioli, adesso di proprietà comunale.
- A Est, si sviluppa la vera e propria città barocca, con piazze, fontane, ampie scalinate, conventi e altri edifici monumentali dai grandiosi portali. (Piazza Umberto I, Via Municipio, Piazza Neviera, Largo Cillo Palermo, Via Celso).
Il Palazzo Pisapia di Gesualdo è uno dei cinque palazzi voluti dal principe Carlo Gesualdo per le famiglie al suo seguito. Fu edificato nella prima metà del XVII secolo come palazzo signorile, per ospitare l’omonima famiglia. Si trova nel centro storico del paese nelle immediate vicinanze del famoso castello.
I Pisapia vennero a Gesualdo dalla città di Cava con Don Niccolò Ludovisi, principe di Piombino, nipote ed erede del feudo della famiglia Gesualdo. Il capostipite fu Andrea, Agente generale di tutto lo stato, nato da Ferrante e da Laura Adinolfi. Il figlio di Andrea, Francesco Antonio, fu il primo della famiglia a nascere a Gesualdo e fu dapprima Uditore generale dello Stato di Venosa e poi vice del principe Ludovisi, dopo la morte di Don Carlo.
Il palazzo, pertanto, era degno di tale importante famiglia e si compone ancora oggi di molti vani sia inferiori che superiori. Attualmente la facciata si presenta con un portone d’ingresso ad arco a tutto sesto, sormontato da un elegante balconcino sagomato ed un’unica finestra sulla destra. Nonostante abbia una facciata piuttosto piccola, si estende in profondità su entrambi i lati. Quello destro è costeggiato da una stradina in salita, via Cittadella, dal lato del castello soprastante, ed è collegato al Palazzo ex Mattioli da un piccolo ponte coperto.
La stradina prende il nome da un antico toponimo che indica proprio un luogo fortificato. Il lato sinistro, costeggiato invece da una stradina in discesa, via Pasquale Pisapia, si estende verso la sottostante Valle del Fredane, in un punto estremamente panoramico. Le mura in pietra sono imponenti e fortificate e si presentano molto alte, soprattutto dal lato sinistro, dove in fondo spicca un delizioso ed elegante loggiato a quattro archi in pietra calcarea, retti da colonne dal capitello dorico, delimitato da una balaustra in pietra con colonnine finemente lavorate. Evidentemente con questo elemento si voleva dare un tocco di eleganza ad una muratura piuttosto severa e massiccia. Il panorama che si gode è, a dir poco, mozzafiato.
Accedendo dal portone principale si entra in un androne, pavimentato con lastre di pietra calcarea, e coperto da una volta a vela. Sulla sinistra vi si trova un camino e poi proseguendo molti altri vani terranei, mentre sulla destra vi sono le scale in pietra calcarea, coperte da una voltina a botte, che portano al piano superiore. Il soffitto dell’ingresso presenta un affresco raffigurante lo stemma dei Pisapia, con un leone rampante al centro, sormontato da tre stelle a sei punte. I componenti di questa famiglia si distinsero nei secoli per importanza. Tra questi si ricorda fra’ Vincenzo, influente predicatore domenicano, dotto Lettore ed esempio di virtù morale, morto in odore di santità. Alla sua morte, infatti, si narra che il cadavere non si fosse irrigidito e fosse rimasto profumato per più giorni, stillando sangue vivo che fu raccolta in un’ampollina di vetro nella chiesa del convento di sua Figliuolanza in Napoli. Questa chiesa divenne parrocchiale dopo la soppressione del convento dove fra’ Vincenzo morì all’età di 84 anni nel 1741 e dove fu sepolto in una cassa fabbricata nel muro, vicino all’altare maggiore, separatamente dal luogo dove venivano comunemente sepolti i frati.
I Pisapia strinsero vincoli di parentela con i componenti delle migliori famiglie del circondario, quali i baroni di Poppano, i baroni Cimadoro, i Catone, gli Adinolfi, provenienti anch’essi dalla città di Cava, i Cassitto di Bonito, con i baroni Mattioli, proprietari del palazzo adiacente. E proprio in seguito alla parentela con quest’ultima importante famiglia, come detto pocanzi, fu costruito un passaggio coperto di collegamento con il palazzo che era dall’altra parte del vicoletto, creando un piccolo sottopassaggio sulla strada.
Il palazzo Pisapia, danneggiato nel tempo dai numerosi terremoti susseguitisi tra il XVII ed il XX secolo, subì continue modifiche e ristrutturazioni, anche a causa delle mutate necessità abitative o per seguire le mode, ma che non snaturarono mai l’imponenza dell’edificio. Una di queste fu certamente eseguita nel 1838, e ve ne è testimonianza su un architrave. I Pisapia amministravano economicamente il paese ed erano molto ricchi anche grazie alla lavorazione della pietra e dell’onice. Gli interni dell’edificio saranno stati sicuramente molto sfarzosi anche se tutto è andato disperso. Tuttavia, molto interessanti sono le pitture a tempera che decorano molti sovraporta. Hanno soggetti paesaggistici e lacustri, o comunque legati alla navigazione, risalgono al XVIII secolo e sono probabilmente collegati alle maestranze di Cava de’ Tirreni già chiamate da Niccolò Ludovisi. Queste pitture sono state rinvenute sotto l’intonaco, durante gli ultimi restauri posti in essere dal Comune dopo l’acquisizione. Purtroppo sembra che vi fossero anche soffitti a padiglione in legno ricoperto da tele estremamente danneggiate, tanto da non potersi recuperare. Un vero peccato! Il corridoio centrale del primo piano porta ad un grazioso giardino pensile all’italiana, di forma quadrangolare, disposto a terrazzo lungo il pendio della collina ed in asse con il cortile del castello. Purtroppo con la chiusura del palazzo e il suo abbandono per alcuni anni, i danni furono ingenti.
Ma acquisito dal Comune di Gesualdo nei primi anni 2000, l’immobile è stato restaurato a partire dal 2004. I lavori durati circa cinque anni hanno realizzato un progetto redatto da quattro valenti professionisti locali, tra cui proprio un componente della famiglia Pisapia. La parte relativa al palazzo ex Mattioli, si presentava più danneggiata a causa di una scelta di abbattimento a seguito del sisma del 1980, ma il restauro ha avuto comunque notevoli risultati, recuperando egregiamente la struttura – a cui si accede da un portale in pietra di stile gotico – e creandovi sulla sommità dei terrazzini da cui si gode una vista incantevole.
Da più di dieci anni è tornato al suo antico splendore ed è utilizzato per scopi culturali. D’estate ospita mostre di artigianato, antiquariato, pittura e manifestazioni varie. In altri periodi dell’anno ugualmente viene utilizzato per eventi culturali, convegni, corsi di formazione, rappresentazioni teatrali. Persino il noto critico d’arte, Vittorio Sgarbi, nel 2014 presentò un suo libro nella suggestiva cornice di questo palazzo, ammirandone la struttura, il restauro e cogliendo l’occasione per visitare tutto il paese ed ovviamente il castello, recentemente restaurato anch’esso e in quegli anni prossimo all’apertura al pubblico.
di Valerio Massimo Miletti - XD Magazine
Servizio Accoglienza Turistica - Guide:
Tel: 349.0565272 Pro Loco Civitatis Iesualdinae - Gesualdo.
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